
Il coaching della tensione
28/10/2025Leadership è spiritualità, un binomio sul quale ci sarebbe molto da riflettere, è il punto di partenza di quest’articolo.
Cos’è la spiritualità?
Per iniziare, mentre sul concetto di leadership ci sarà probabilmente un certo diffuso consenso, quello di spiritualità, ne sono sicuro, è ampiamente frainteso. Infatti, per molte persone spirituale è praticamente sinonimo di religioso. L’equazione spiritualità-religione è molto diffusa ed è responsabile di un ferale equivoco che impedisce di trattare gli aspetti spirituali in molti campi.
Si tratta di ben altro, come mi insegnò molti anni fa un mio mentore molto importante, il prof. Piero P. Giorgi, PhD, dell’università di Brisbane. La spiritualità è una caratteristica innata dell’essere umano. Essa afferisce al bisogno/desiderio di ricercare il senso della propria esistenza, del mondo intorno a sé. Spiritualità, dunque, è ciò che ricerca un punto di vista più ampio sulla vita e i suoi accadimenti per dare un senso all’esistere e all’agire della persona, singola o in ambiti collettivi.
L’equivoco spiritualità = religione
Religione, invece, è cosa inventata dagli esseri umani per dare una forma alla propria esigenza di spiritualità. Per questo ci sono tante religioni; volendo potremmo dire, con Gandhi, che ci sono tante religioni quanti sono gli esseri umani. Magari il Mahatma esagerava un po’, ma è vero che ogni religione, per quando possa cercare di uniformare le sue regole, avrà all’interno una molteplicità di modi di intenderla e praticarla.
Trattando i due concetti come equivalenti o sinonimi, si crea un gigantesco equivoco, talvolta favorito dalle istituzioni religiose per attribuirsi il monopolio della spiritualità. Così facendo si ottiene il risultato che da molti campi della vita sociale e anche personale la spiritualità venga esclusa, ritenendola inappropriata. Soprattutto nelle culture prevalentemente laiche del mondo occidentale.
Nel campo degli affari, se tutto va bene, da noi viene associato alla dottrina sociale della Chiesa e alle sue riflessioni in campo economico. Pur condividendo alcuni aspetti di tale dottrina (anche se il termine “dottrina” mi fa venire i brividi), se parliamo di spiritualità siamo ben oltre.
L’esempio di Adriano Olivetti
In Italia abbiamo avuto in passato un uomo d’affari, un imprenditore, che ha vissuto il proprio ruolo con approccio spirituale. Sto parlando di Adriano Olivetti, molto citato, molto a sproposito e soprattutto in modo molto limitato. Per carità, sempre meglio citare a modello Adriano che l’avvocato Agnelli o i suoi successori.
Tuttavia limitare l’eredità di Olivetti al concetto di responsabilità sociale dell’impresa e dell’imprenditore è veramente limitativo. Leadership e spiritualità nel suo caso andavano veramente a braccetto.
Adriano Olivetti era uomo spirituale, poiché si interrogava e cercava di trovare soluzioni alla ricerca di senso della vita della fabbrica che guidava. E alla destinazione della ricchezza che creava.
La realizzazione dell’Uomo attraverso il lavoro
Per Olivetti il lavoro era un’occasione per la realizzazione dell’Uomo nella sua completezza: materiale, umana e, appunto, spirituale. Quindi per Adriano l’impresa doveva fornire non solo soluzioni utili alla vita della propria clientela, ma anche occasioni di sviluppo multi dimensionale ai propri collaboratori.
Da lì i progetti olivettiani che ancora oggi sono inarrivati e insuperabili: l’edilizia popolare disegnata dai grandi architetti, le fabbriche come quella di Pozzuoli realizzate in modo da mantenere la connessione spirituale tra i lavoratori e il loro mondo contadino di origine, le attività educative (non solo formative) rivolte e disponibili ai lavoratori e alle loro famiglie. Ricordiamo che parte dello Stato sociale a favore dei lavoratori è nato in Olivetti.
Senza voler rifare la storia di Adriano e della sua Olivetti, non è questa la sede, in quell’impresa si perseguiva la realizzazione del senso della vita attraverso il lavoro e l’attività d’impresa. Per questo la leadership di Adriano Olivetti può a buon diritto essere definita come leadership spirituale.
L’equivoco del purpose
Il marketing è una specie di contrappasso del tocco del mitico re Mida: ogni cosa che tocca si trasforma in… rifiuto, diciamo così per pudore. Da qualche anno nel discorso della comunicazione a fini di marketing si è intrufolato il concetto di purpose. Il termine anglosassone importato con la disinvoltura che soltanto i marchettari milanesi sanno esprimere è, nella sua lingua, innocente: significa semplicemente “scopo”.
Trasformato con il trucco magico dell’inglesismo piazzato a tradimento nella nostra lingua è il nuovo mantra per sdoganare qualunque vuota chiacchiera pubblicitaria. Ormai è al triste tramonto il nobile termine “sostenibilità”, che ormai non significa più nulla tanto è stato stiracchiato a destra e a sinistra. Resiste appena il facilmente equivocabile “circolare”, perché esprime un concetto talmente evanescente che si porta con tutto, come il nero.
Il purpose, invece, magari messo accanto ai sempreverdi (pardon: “evergreen”) mission e vision (perché missione e visione suonava provinciale, nevvero?) giustifica oggi qualunque lode, qualunque premio, qualunque nefandezza nei prodotti, nei processi e nei rapporti umani commessa al solo e unico scopo del massimo profitto possibile.
Perché esistiamo?
Abbinando leadership e spiritualità la domanda di senso acquista immediatamente profondità. All’imprenditore che si domanda “perché esistiamo come impresa”, ovvero “cosa legittima il mio profitto”, il purpose luccicante del marketing non basta più. Basta leggerne qualcuno in giro (per carità, con le solite lodevoli eccezioni che però confermano la regola…) e si capisce. È come le mission e le vision: leggere per stupire (o per restare basiti) e per credere.
Un’impresa è, appunto, un’insieme di uomini e donne che “compiono un’impresa insieme”. Si organizza per compiere qualcosa di utile, qualcosa che le persone riunite nell’organizzazione devono percepire come colma di senso. Devono anche sentire che questo senso va nella direzione del miglioramento complessivo della condizione umana. Per carità, se l’impresa produce, che so, spazzolini per il cesso, potrà sembrare difficile trovarci un senso particolarmente elevato. Ma, vogliamo provare a farne l’esercizio un momento? Io in pochi istanti il senso ce lo trovo, e voi?
Leadership e spiritualità per la motivazione
Le persone che compiono questa impresa insieme devono sentire un senso di appartenenza, uno spirito di gruppo. Il leader deve avere a cuore il benessere di ciascun collaboratore; l’obiettivo di migliorare la qualità della vita della comunità più larga deve accompagnarsi a quello della vita di ciascun collaboratore.
Da qui, come nel caso di Olivetti, le attenzioni e le opportunità che devono essere offerte alle persone di crescere spiritualmente, umanamente, socialmente e non solo professionalmente.
E si badi bene: prendersi cura delle persone non è filantropia che grava a peso morto sui conti dell’impresa. È nell’interesse più stretto dell’imprenditore, poiché il livello della prestazione professionale dei collaboratori è più che proporzionale alla loro motivazione. Nell’inglese che piace tanto ai marchettari milanesi (e mica solo a MIlano ci sono, eh!) c’è una bella espressione per esprimere lo sforzo extra: walking the extra mile, camminare un miglio supplementare. Ovviamente s’intende rispetto a quanto previsto di base, a ciò che chiunque farebbe.
Ecco, i collaboratori del leader che esprime una leadership spiritualmente orientata provvederanno sempre volentieri lo sforzo necessario a camminare il miglio in più. Ciò molto semplicemente perché noi Homo Sapiens siamo animali sociali e il benessere comune è la più forte delle motivazioni. Con buona pace dei teorici dell’homo economicus.
Metodo CASE® leadership e spiritualità
A questo punto, prima di lasciarvi, mi corre l’obbligo di connettere l’approccio del Metodo CASE® con la leadership spirituale.
Semplice: il Metodo CASE®, fondato sui Bisogni Essenziali dell’essere umano ha in sé costituzionalmente la visione olistica del senso dell’esistere della persona. In più, grazie allo sviluppo teorico effettuato nel concepirlo, CASE® considera anche i Bisogni Essenziali dell’organizzazione, come se quest’ultima fosse un essere vivente.
In pratica, Metodo CASE® promuove lo sviluppo dell’impresa attraverso un approccio combinato di leadership e spiritualità per riempire di senso tutta l’attività del gruppo umano che “compie l’impresa insieme”. Provare per credere, purché si sia disposti a guardarsi veramente dentro e chiedersi “perché esistiamo”. Scapolando la trappola del farlocco purpose per ottenere risultati veri, duraturi e ricchi di significato.
Scrivimi se vuoi approfondire
Per approfondire puoi semplicemente inviarmi una mail a federico@federicofioretto.biz e chiedermi un appuntamento gratuito per comprendere insieme se e cosa posso fare per te.
Buona Vita,

