Coaching nelle transizioni con il Metodo CASE®
31/10/2023Il Metodo CASE® per le transizioni è un ausilio prezioso per accompagnare i grandi cambiamenti nella vita personale e delle organizzazioni. Vediamo un po’ da dove arriva e a cosa serve.
All’inizio furono i conflitti
Il Metodo CASE® nasce attorno al 2014 dalla mia esperienza nel campo della trasformazione dei conflitti. È stata l’evoluzione in metodo dell’approccio che avevo creato sotto il nome di Comunicazione Trasformativa.
Anni di studio e di pratica mi hanno portato a basare il Metodo CASE® sul lavoro ultra trentennale di ricerca di due “colossi” nel campo degli studi moderni sulla pace: Pat Patfoort e Johan Galtung. Il loro approccio scientifico, messo in pratica sui campi di conflitto mondiali più difficili, ha identificato le cause essenziali dei conflitti. Successivamente, hanno indicato alcune modalità per rimuovere queste cause e costruire la pace.
Si, la pace si costruisce, non arriva da sola per miracolo. Per questo, una delle quattro fasi del Metodo CASE®, utilizza gli strumenti di Patfoort e Galtung. Con qualche aggiustamento. Per dare solide fondamenta alla costruzione della pace. Sarò sempre grato a queste due persone, che ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere personalmente, per avermi dato strumenti eccezionali di analisi delle situazioni di conflitto.
Ogni conflitto è una transizione
Il Metodo CASE® per le transizioni nasce dalla constatazione che per trasformare un conflitto è necessario un cambiamento. E che ogni cambiamento rappresenta l’esito di un conflitto. Non necessariamente tra due parti, anzi: spesso la necessità di una transizione nasce da un conflitto interiore, della persona o dell’organizzazione.
Il conflitto che porta alla transizione, a sua volta, può sovrapporsi con altri conflitti che impediscono o rallentano la transizione stessa. Ma andiamo con ordine: definiamo il conflitto.
Conflitto è l’apparente incompatibilità di bisogni, obiettivi, priorità. Non è il caso qui di approfondire perché la definiamo “apparente”. Si possono trovare maggiori dettagli sul mio libro Leadership Sostenibile. Oppure anche sul testo fondamentale di Piero P. Giorgi “violenza inevitabile, una menzogna moderna”, Jaca Book, 2010. Definirlo apparente, per ciò che interessa qui, serve ad avere la sicurezza che è possibile trasformarlo, trascenderlo.
Non stare bene in una determinata situazione rappresenta un conflitto: sono nel luogo A e vorrei essere nel luogo B.Oppure: la mia impresa è nella situazione C e credo sarebbe più efficace se fosse ristrutturata nella situazione D… e così via.
Perché parliamo di conflitto fra questi due stati? Poiché ci sono buone ragioni per le quali la persona si trova nel luogo A invece che nel B; parimenti, ci sono ragioni per le quali un’organizzazione si trova nello stato C piuttosto che nel D.
La zona di comfort
Una delle ragioni fondamentali per cui a volte si resta nel luogo A dell’esempio, o nella situazione C, è perché quella situazione costituisce uno stato conosciuto. Sebbene la riconosciamo come non ottimale, o addirittura indesiderabile, vi siamo abituati. Sappiamo come ci si sta, abbiamo ormai sviluppato gli strumenti e le strategie di adattamento.
In qualche modo, il luogo conosciuto rappresenta una “zona di comfort” dalla quale è difficile uscire. È uno dei paradossi della condizione umana. Per una persona può trattarsi del desiderio di non alterare, con il cambiamento, le relazioni con altre persone intorno a noi. Per un’organizzazione spessissimo si tratta della difficoltà di superare il “abbiamo sempre fatto così”, oppure di affrontare il timore che lo staff ha di intraprendere strade non conosciute.
Mi è capitato di lavorare con aziende che avevano listini prodotti fermi alla fine dell’800 che, anche se pressate da marginalità ormai all’osso, non volevano rivedere la propria posizione sul mercato e innovare il proprio prodotto. Parlo di aziende con miliardi di fatturato, con strutture di governance articolate e fior di manager, non della tabaccheria all’angolo.
In certi casi, si considera più confortevole morire, che sia realmente o metaforicamente, piuttosto che affrontare la transizione a uno stato ignoto. Anche quando è palese e dimostrabile che la transizione porterebbe a una situazione decisamente migliore.
CASE® dà prima di tutto sicurezza
Un primo vantaggio dell’applicazione del Metodo CASE® è quello di fornire un senso di sicurezza a chi si trova davanti a una transizione. Dal momento che la paura dell’ignoto è uno degli ostacoli maggiori al cambiamento, la possibilità di rassicurare è un elemento fondamentale.
La mente razionale, quella alla quale dobbiamo in genere le paure, è rassicurata dal fatto di adottare un metodo organizzato per impostare un processo, quale quello di transizione. La struttura di CASE® è perfetta per questo.
Il Metodo CASE® offre una struttura semplice e al contempo modulare, per cui può essere facilmente compresa nella sua essenza. La complessità raggiunta ai livelli più approfonditi non è necessario che il cliente la padroneggi, ma la sua presenza dà l’idea di poter considerare ogni aspetto del processo e governarlo. In effetti, proprio questa caratteristica di semplicità e multi-dimensionalità permette al CASE® di gestire la complessità della transizione senza complicazioni, in totale sicurezza.
Analisi e strategia insieme
Una volta garantita la sicurezza dall’approccio con un metodo strutturato e semplice, possiamo apprezzare i vantaggi del Metodo CASE® che unisce analisi e strategia. Questo grazie alla suddivisione in quattro fasi:
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- Conoscitiva: serve ad asseverare i fatti, distinguendoli dalle interpretazioni e dalle opinioni. Pur legittime, queste non servono a vedere chiaro rispetto alla transizione da effettuare. Si determina la posta in gioco e si vedono le carte a disposizione;
- Analitica: qui si analizzano i fondamenti delle parti (o all’interno della stessa parte). Poi si individuano i bisogni essenziali che sono o meno soddisfatti nello stato attuale e come potrebbero essere meglio soddisfatti nello stato futuro. Si determinano i rischi e le opportunità, gli alleati e gli ostacoli che possono influire sull’efficacia della transizione e sul suo livello di difficoltà. Si può anche effettuare una sorta di SWOT analysis, se è utile.
- Strategica: si determina il percorso della transizione in funzione alle risorse a disposizione della persona o dell’organizzazione. Queste risorse possono essere psicologiche, culturali, economiche, di know-how, di personale o competenze, di territorio… di ogni genere. Vengono definiti i tempi e con essi una pianificazionestrategica della transizione. Per quanto possibile, in naturale continuazione con la fase analitica, si cerca di considerare eventuali possibili imprevisti e di ipotizzare potenziali varianti, in modo da essere il più possibile preparati ad affrontarli.
- Esecutiva: qui le risorse vengono organizzate, reperite e raccolte per esser messe all’opera. La strategia viene trasformata in pratica. È importante misurare l’avanzamento verso lo stato desiderato, così come definire eventuali correzioni.
Qui si vede l’approccio molto simile a un classico Ciclo di Deming o PDCA.
Il momento di camminare da soli
Sarà nella fase esecutiva che con l’aiuto del coach si vedrà qual è il momento giusto per navigare da soli. Eh si, poiché lo scopo di un coach onesto è quello di aiutare il cliente a camminare da solo il più presto possibile. Personalmente, sono profondamente convinto che ogni persona abbia il sé tutti gli strumenti per affrontare le sfide poste dalla propria vita, transizione e grandi cambiamenti compresi.
Tuttavia, per tutta una serie di ragioni sociali, emotive, culturali, educative, di esperienza, genealogiche… non c’è limite ai fattori influenzanti, spesso siamo tagliati fuori da questi nostri strumenti innati. Ecco allora l’utilità di avvalersi dell’aiuto di qualcuno che, dall’esterno, può aiutarci a ritrovare il modo di attivare quelle nostre abilità.
Se vuoi provare…
Se stai affrontando un grande cambiamento, una transizione, oppure senti che dovresti ma non riesci ancora a comprendere in che modo avviarla o gestirla, un buon coaching può aiutarti. Il Metodo CASE® può essere lo strumento per trovare la tua strada, unica e originale avvalendoti dell’esperienza di tante altre persone che ho accompagnato nel corso della mia vita professionale e da cui ho imparato tanto.
Scrivimi qui: federico@federicofioretto.biz per fissare un appuntamento online ed esamineremo insieme la tua situazione. Se vuoi, puoi già anticiparmi qualcosa, per preparare il nostro primo incontro.
A presto, e buona vita, nel frattempo