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IKEA: il vantaggio sostenibile di essere un’impresa familiare
13/02/2020Prosegue la serie delle mie interviste ai leader della sostenibilità, individuati fra colleghi, amici e clienti o semplicemente imprese che incontro nella mia attività di imprenditore, speaker e consulente sul tema.
Ho scelto frontrunner della #sostenibilità, grandi e piccoli, i quali hanno accettato di condividere considerazioni strettamente aziendali su temi specifici per essere di aiuto ad altre imprese e professionisti della sostenibilità.
Tra le prime della serie vi saranno: Barilla, Bolton Group, Cantine Ruffino – Constellation Brands, ENEL, Granarolo, IKEA, Mitsubishi Electric e Pirelli con i loro massimi rappresentanti nell’ambito della Sostenibilità. Altre a seguire che saranno una gustosa sorpresa.
Ciascuna ha affrontato la sostenibilità per come deve essere quando è fatta seriamente: non un punto di arrivo o un certificato da ottenere velocemente, alla fine di una lista di cui barrare un po’ di caselle.
Si tratta di un percorso nel quale, con impegno, costanza e determinazione, va ripensato il modo di operare dell’impresa, a volte la sua stessa ragione di essere nel mondo e l’intero modello di business.
Con queste domande ho voluto approfondire con loro alcuni aspetti specifici della loro strategia di Sostenibilità Integrata che ho trovato particolarmente interessanti, per dar modo ai miei lettori e a tanti colleghi di conoscere meglio questo modo nuovo di fare impresa.
Oggi è il turno di Pirelli, con Eleonora Giada Pessina, Group Sustainability Officer. Un’intervista ampia, gravida d’informazioni molto utili sia sul progetto dell’azienda sulla sostenibilità nella filiera della gomma naturale, sia sul ruolo e i limiti della singola azienda nell’impegno a garantire la sostenibilità di filiere così complesse e articolate.
Infine, un messaggio molto chiaro: la sostenibilità, ben fatta, documentata e integrata lungo l’intera Catena del Valore, è un elemento essenziale per assicurare la presenza sul mercato e la profittabilità dell’azienda.
D: Il Progetto che ci hai presentato a Bologna, sulla filiera della gomma naturale, ha una portata planetaria e riveste complessità incredibili, per la quantità dei coltivatori coinvolti, la polverizzazione di questi stakeholder, la mancanza di interlocutori istituzionali che li rappresentino e la molteplicità di Paesi coinvolti. Anche le tematiche che riguardano la sostenibilità di questa filiera sono tante. Fino a che punto è lecito secondo te chiedere a un’azienda privata di assumersi la responsabilità della sostenibilità della sua filiera di approvvigionamento?
R: È una domanda intelligente perché prima di tutto occorre porre le basi del discorso. Gli stakeholder che sono coinvolti nell’ambito della gestione sostenibile sono tantissimi e non è pensabile di avere un approccio esclusivamente di “cascading responsibility” sul “first tier”. Che un cliente o un’ONG o un’istituzione chieda di assicurare la perfetta sostenibilità di una filiera a una singola azienda non risolve il problema della sostenibilità della Catena di fornitura. È solo un cascading di responsabilità che porta la singola azienda a non essere in grado di gestire il problema, sia per mancanza di risorse sia perché non ha l’influenza per poter rendere sostenibile un’intera filiera su cui impattano anche le influenze di molti altri stakeholder chiave. Quindi la soluzione è impostare un insieme di collaborazioni, un tema fondamentale che si riflette anche nell’obiettivo 17 degli SDG: Partnerships for the Goals.
È la collaborazione di più attori che hanno un impatto, con l’impegno di ognuno in base alla propria sfera d’influenza, che consente la sostenibilità di una Catena del Valore. È la partnership, con la presa di coscienza del proprio impatto lungo tutta la Catena, a creare un coinvolgimento dei vari attori e rende quindi il costo della sostenibilità “sostenibile”, generandone l’opportunità. Questo delle partnership è l’approccio che ha voluto fortemente Pirelli impostando la strategia della sostenibilità sulla filiera della gomma naturale, chiamando al tavolo tutti gli attori impattanti per definire la propria strategia di azione in modo condiviso, affinché insieme si potesse affrontare una sfida tanto grande.
D: In questo quadro, qual è il potere che ha l’azienda per far venire al tavolo questa molteplicità d’interlocutori? Quale la “leva” che avete usato con tanta efficacia?
R: Le leve credo siano l’apertura al dialogo e la trasparenza dell’azienda. Un’azienda che chiama i propri stakeholder al tavolo per ragionare insieme sulla propria strategia e sulla condivisione di obiettivi ha ottime opportunità di poter contare sulla definizione di piani di sviluppo concreti e bilanciati rispetto ai diversi portatori d’interesse coinvolti, con il grande beneficio di poter perseguire i propri obiettivi operando in modo condiviso.
Lo stakeholder engagement, di cui si parla tanto, al di là di tutte le teorie e filosofie, è un dialogo volto a contemperare gli interessi, a volte divergenti, tra diversi attori impattanti. Attraverso il dialogo, l’azienda cerca di conciliare e soddisfare nella misura migliore possibile gli interessi di ciascuno. Pensare di soddisfare al 100% gli interessi di tutti gli stakeholder non sarebbe possibile, mentre soddisfare quelli di uno solo non sarebbe sostenibile. Quindi la chiave per ottenere il risultato migliore è quella di portare a un tavolo multi-stakeholder tutti i portatori d’interesse in modo da costruire insieme la migliore soluzione verso un obiettivo condiviso.
Un’altra cosa importante, soprattutto in situazioni fortemente critiche, è anche quella di non avere rapporti paralleli e “stagni” con i diversi stakeholder, ma portarli tutti a sedersi al tavolo e guardarsi in faccia. Questo permette di comprendere che tutti hanno un interesse e che “tutto a tutti” non è possibile darlo da parte dell’azienda. In questo modo è possibile procedere costruttivamente; se l’azienda avesse solo rapporti separati con ognuno dei propri stakeholder non se ne uscirebbe mai, perché ogni volta sarebbe una negoziazione con l’obiettivo di ottenere il 100% per sé, senza rendersi conto della molteplicità di bisogni ed esigenze in gioco. In un tavolo condiviso è possibile lavorare a un risultato nell’interesse migliore possibile per tutti e non in cerca della perfezione per il singolo portatore d’interesse rispetto agli altri.
D: Quanto avete trovato rispondenza dagli interlocutori per questo lavoro di stakeholder engagement sulla filiera?
R: La Catena del Valore che abbiamo chiamato al tavolo comprendeva coloro che hanno un interesse e un impatto sulla sostenibilità della filiera di gomma naturale, dalle grandi ONG internazionali ai maggiori Clienti del settore Automotive, ai nostri principali fornitori a livello globale. La rispondenza è stata estremamente costruttiva e ha portato Pirelli alla pubblicazione della propria Policy, del relativo manuale di implementazione e di una roadmap di attività 2019-2021, pubblicata sul sito dell’Azienda a beneficio di tutti coloro che avessero interesse.
Abbiamo affrontato temi come la protezione dei diritti umani e del lavoro lungo la filiera, le misure da adottare per mitigare i rischi di accaparramento delle terre, la protezione della biodiversità e la produttività della produzione locale. Il tutto era moderato da CSR Europe. Noi abbiamo un “modello Pirelli” di stakeholder dialogue che prevede al tavolo una moderazione terza, seria, solida e adeguata a portare i diversi interessi sul tavolo in maniera ordinata.
Entro febbraio 2020 rendiconteremo pubblicamente quali sono i risultati “portati a casa” nel 2019 nel rispetto della roadmap. La rendicontazione è infatti un altro elemento di primaria importanza nel rapporto con gli stakeholders che quindi sono, al contempo, attenti osservatori della capacità dell’Azienda di implementare quanto promesso.
D: Questo progetto ha comportato e comporta un impegno enorme di risorse, tempo, persone: come misurate il ritorno di questo investimento?
R: Per esempio, uno degli elementi che vengono richiesti dai nostri maggiori clienti di primo equipaggiamento è proprio l’impegno e la capacità di gestione sostenibile della Catena di fornitura della gomma naturale. Quindi il fatto che ci sia quest’impegno crea un’opportunità di business che sposa obiettivi condivisi.
D: E questo lo vedete in modo tangibile ed evidente?
R: Si, lo vediamo. Ci è proprio richiesto: apprezzano la solidità e la trasparenza. La nostra roadmap è molto puntuale, le nostre rendicontazioni si rifanno a KPI precisi e pubblici. È una cosa che ci contraddistingue e quindi anche di valore per i nostri clienti, cui pure viene richiesto cosa fanno per la sostenibilità della filiera in quanto acquirenti finali. Il nostro progetto crea Valore, come detto, condiviso anche con loro.
D: La Gomma naturale è solo uno dei componenti del vostro prodotto: avete progetti analoghi anche per gli altri materiali?
R: Assolutamente si. La gomma naturale è quella che ha un impatto più evidente dal punto di vista della biodiversità, concernendo coltivazioni arboree, ma abbiamo dal punto di vista della sostenibilità anche importanti progetti d’innovazione per la sostituzione dei materiali di provenienza fossile con materiali rinnovabili. Altro elemento è l’incremento di materiali riciclati in un’ottica di economia circolare..
Il futuro del pneumatico – ferma la sicurezza e la performance – vede nella sostenibilità sociale ed ambientale elementi distintivi imprescindibili di sviluppo del business.
Grazie dunque a Eleonora Giada Pessina e a Pirelli per questo interessantissimo supplemento di informazioni, e buon lavoro, in Sostenibilità.