Leadership è purtroppo una parola inflazionata nel discorso sull’impresa e sulle organizzazioni. Molte sono anche le definizioni correnti di questo concetto. Per ragionare sulle parole a me piace sempre partire dal vocabolario. Lasciando da parte il termine inglese che ormai tutti usiamo, vado perciò a esplorare il significato di “guidare”, che ne è la traduzione italiana. La prima definizione che trovo è: “Precedere o condurre lungo un percorso, accompagnare come guida”. Come esempi, condurre un cieco o la guida turistica. Poi “Servire come punto di riferimento e orientamento”; come esempio “la luce del faro guidava la nave”. Già da qui comincio a non riconoscere il “boss” che molti sedicenti leader sono diventati e altri continuano, nelle varie Business Schools, a studiare per divenire. Sebbene un significato successivo sia “Comandare, capeggiare”, avente come esempio le truppe, continuo a non essere convinto sullo stile “boss”.
Infine trovo “Portare a compiere una certa azione o a raggiungere una meta”, “Educare, ammaestrare fornendo gli esempi e i consigli necessari”, “Ispirare fungendo da punto di riferimento”… Ci siamo: il leader, e il suo compito, sono definiti. Egli, o ella, è la persona dotata della maggior conoscenza o comprensione di una situazione che conduce uno o più suoi simili a raggiungere determinati obiettivi, dando loro esempio e riferimenti, aiutandoli a crescere e innalzare il proprio livello di conoscenza, consapevolezza o maturità.
Dopodiché l’esperienza, conoscenze psicologiche, sociali e antropologiche con cui non voglio tediare qui il lettore, ci dicono che il buon leader è anche quello che collabora, che sa ascoltare i contributi del suo team, fare un passo indietro al momento opportuno e così via.
Qui però voglio soffermarmi su un aspetto molto importante della leadership: il far crescere le proprie persone, aiutarle a sviluppare il loro potenziale. Per questo, l’esperienza mi ha insegnato che uno strumento chiave è il feedback. Senza esagerare con l’analisi semantica, ricordo solo che si tratta di “informazione sulla prestazione di una persona utilizzata al fine di un miglioramento”. Niente a che vedere, comunque, con la sfuriata del “boss” né con la ricerca del colpevole di un errore con il conseguente, inevitabile scaricabarile…
Gli elementi fondamentali di un buon feedback sono:
Diviene invece tutto più semplice se l’intento è chiaro, se il leader è consapevole del valore strategico della liberazione del potenziale dei propri collaboratori ed è fortemente impegnato a favorirla. A quel punto sarà anche interessato e disponibile ad apprendere modelli efficaci di feedback, adottarli e valutarne l’efficacia sul campo.
Un utile aiuto a determinare il “Cosa” del feedback viene da un modello che trovo molto efficace in ogni campo: ALOBA (Agenda-Led Outcome Based Analysis), sviluppato per l’insegnamento delle competenze di comunicazione agli studenti delle professioni sanitarie. Per traslato, il modello è applicabile nel contesto di qualsiasi organizzazione ogni qualvolta vi sia un clima che favorisce l’atteggiamento di miglioramento continuo e l’auto-riflessione. Del resto, sappiamo che questo è il clima delle imprese più performanti, perché è quello che genera la motivazione e l’engagement più alti.
In ALOBA, il “Cosa” viene determinato prevalentemente dal desiderio di apprendimento o di miglioramento, dello studente. Nel caso di un’impresa al posto dello studente avremo il collaboratore del leader, o i membri del suo team. Quando il feedback viene dato in un gruppo, si avrà semplicemente cura di istruire il gruppo sulle modalità nelle quali il processo di feedback deve svolgersi per essere efficace e il leader ne sarà il facilitatore e il supervisore, dando ampio spazio al lavoro d’insieme.
Vedremo meglio trattando il “Come” in che modo il “Cosa” emerge dal processo, ma qui anticipo che l’esperienza insegna come in genere le persone dimostrino una notevole capacità di lettura dei processi e delle proprie attività quando incoraggiate da un ambiente non giudicante e costruttivo. Molto frequentemente lo sguardo che lo “studente” e con esso il gruppo di lavoro hanno sulla situazione si rivela accurato, e la domanda di miglioramento emerge con chiarezza. Perciò è proprio dalle persone stesse protagoniste degli eventi e dei processi che emerge l’oggetto del feedback finalizzato alla loro crescita professionale e personale. Lavorando su un “Cosa” richiesto spontaneamente, anche la qualità dell’apprendimento – o del miglioramento – è maggiore e si fissa meglio, restando nel tempo patrimonio acquisito dei collaboratori del leader.
Vediamo ora in pratica come il leader può utilizzare il modello per migliorare l’efficacia di un team di collaboratori.
ALOBA viene utilizzato con il team durante riunioni di riflessione su eventi o processi, in pratica ogni qualvolta vi sia il desiderio o l’esigenza di migliorare qualche comportamento o performance. Vediamo come può essere messo in pratica.
Il feedback con il singolo collaboratore è analogo, mancando semplicemente la parte di istruzione del gruppo sulle modalità del processo.
Con un approccio razionale e un intento autentico di aiutare i propri collaboratori a crescere il leader può davvero ottenere grandi risultati dall’utilizzo del feedback con i propri collaboratori, ottenendo non solo un miglioramento dei processi e dell’interazione interpersonale nell’organizzazione, ma anche un forte engagement di tutti nel raggiungimento degli obiettivi comuni. Come effetto collaterale, infine, anche il leader può imparare molto da questo processo, sia sui propri collaboratori, sia sui processi e gli obiettivi della propria organizzazione, sia su se stesso.