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13/07/2018Condivido un articolo chiestomi originariamente dagli amici del Gruppo Contec per la loro Newsletter uscita in occasione dell’8 Marzo 2018. Ma il valore di queste riflessioni va oltre la data e connette il tema della femminilità con la capacità di trasformare i conflitti in modo positivo.
Intanto una precisazione: cosa c’entra il tema del conflitto in un numero speciale della newsletter dedicato alla metà femminile dell’umanità? Tantissimo, perché l’arte della trasformazione del conflitto appartiene da tempo immemore alla cultura femminile. Infatti, è nelle comunità matricentriche (non matriarcali) della preistoria che chi si occupa di conflitti deve andare trovare le metodologie raffinate della loro trasformazione.
Vediamo invece cos’è un conflitto, tecnicamente parlando: è l’illusoria rappresentazione nella quale l’altro costituirebbe un intenzionale ostacolo al raggiungimento del mio obiettivo. Quest’illusione fa sì che troppo spesso spendiamo la maggior parte dell’energia a lottare “contro” l’altro, il quale di solito fa altrettanto, invece di rimanere focalizzati sul vero obiettivo che noi (e l’altro) perseguiamo. In verità, sarebbe nella natura profonda degli esseri umani collaborare con altri membri del gruppo al raggiungimento dei propri fini.
Purtroppo, anche le imprese e le organizzazioni in generale non si fanno mancar nulla in tema di conflitti: gruppi di persone che stanno insieme, per definizione, a motivo di obiettivi comuni – quelli dell’azienda – consumano buona parte delle loro energie in lotte intestine, duelli di carriera, gelosie e dispetti. L’illusione del conflitto al massimo livello.
Esempi ne conosciamo tutti a centinaia: tra colleghi dello stesso ufficio, tra manager per “spiccare” agli occhi del CEO, tra executive per prevalere nella lotta per il potere, tra funzioni aziendali (chi non ha mai assistito al paradigmatico conflitto tra produzione e vendite?) e così via. E poi il conflitto tra imprese “concorrenti”, che significherebbe “correre insieme” o “contribuire insieme a qualcosa”, che viene considerato naturale, come se avesse più senso combattere imprese simili che non cercare di differenziarsi con l’originalità. Come uscirne?
La risposta che personalmente ho trovato è il Metodo CASE©, un approccio razionale al processo di trasformazione a partire dalla teoria dei Bisogni Essenziali di J. Galtung. In pratica, ogni essere umano è costantemente impegnato alla soddisfazione di 4 Bisogni soltanto: Sopravvivenza, Benessere, Identità e Libertà. Questi, per ragioni ontologiche, non possono essere in contrapposizione gli uni agli altri: siamo una specie sociale. Se c’è conflitto è perché le modalità che abbiamo scelto per provare a soddisfare i Bisogni non sono adatte a rispettare anche quelli altrui. Un esempio: la Produzione ha l’obiettivo di Benessere di realizzare macchinari rispondenti alle specifiche di progetto, in tempi certi e ben programmati. Questo è il suo contributo al Benessere, forse alla Sopravvivenza, dell’impresa. Le Vendite hanno lo scopo di vendere i prodotti dell’Azienda a un prezzo profittevole: tale è il loro contributo. Ma se i venditori si mettono, per agevolare le vendite, a concedere ai clienti tempi di consegna troppo brevi? Essi mirano a un legittimo Bisogno, che in profondità serve anche alla Produzione in quanto parte della medesima Azienda, ma può generarsi conflitto perché mettono l’altra funzione in difficoltà. Qualcuno crede che lo scontro tra il responsabile delle Vendite e quello della Produzione sia una soluzione efficace? Eppure, in una gran parte dei casi, accade proprio che il “danneggiato” se la prenda con la persona o la funzione che lo danneggia come se questi avesse l’intenzione di farlo, e non un obiettivo che sta perseguendo in modo inadatto.
Il collega che prende le ferie nella settimana in cui le avrei volute prendere io, non lo fa per farmi dispetto: forse lo fa per assecondare il proprio marito che non poteva prenderle in altro momento. Magari lo fa per salvare un matrimonio in crisi, io non lo so. Quand’anche possa sembrare che qualcuno goda a far dispetti al prossimo, dobbiamo considerarlo come una persona malata, che aggredisce per non sentire un proprio dolore che difficilmente conosceremo. Allo stesso modo in cui, nell’esempio precedente, il responsabile delle Vendite potrebbe temere di non raggiugnere il budget annuale e venir licenziato, perciò non guarda in faccia nessuno e fa sconti e riduzioni di tempi a tappeto per “salvarsi la pelle”. Attenzione: l’approccio che suggerisco non è: “ma si, va tutto bene, peace and love”. È totalmente razionale e mira alla massima efficienza ed efficacia nel perseguimento dei miei obiettivi, o di quelli della mia funzione/impresa. Vediamone in sintesi l’essenza.
Sapendo che non devo combattere, ma cercare soluzioni trasformative, inizierò indagando bene i fatti reali, sfrondandoli da tutte le mie reazioni emotive – delle quali debbo però prendere coscienza – e dalle informazioni indirette e imprecise tipiche del “sentito dire”. Poi mi confronterò con l’altra parte in modo aperto, indagando quali siano i suoi obiettivi, dapprima in superficie: tipo “perché vuoi le ferie in quella settimana?” oppure “cosa vi proponete con questa politica di sconti e abbreviazione estrema dei tempi di consegna?”. Soprattutto ascolterò attentamente, dando legittimità alle posizioni dell’altro, anche se non le condivido.
Da questo ascolto potrò, con un po’ di addestramento, comprendere quale Bisogno Essenziale stia cercando di soddisfare, o proteggere. Questo dovrò considerare, insieme al mio Bisogno, quando ci siederemo a cercare le soluzioni trasformative, cioè quelle in cui entrambi arriviamo a soddisfare i nostri Bisogni Essenziali, anche se ciò comporterà che dovremo cambiare i modi che avevamo previsto per farlo. Per esempio trovare un sistema per conciliare le esigenze di Vendite e Produzione a vantaggio dell’impresa intera, magari redigendo insieme linee guida per gli ordini e modificando con la DG la logica di redazione dei budget annuali. Questo è un esempio reale tra le CASE© History disponibili sul mio sito web.
Insomma, per concludere questa brevissima introduzione, per trasformare i conflitti servono proprio doti tipicamente femminili come le capacità di ascolto e immedesimazione, di flessibilità, intuito e creatività. Per questo la saggezza dei nostri avi, ingiustamente definiti primitivi, metteva le donne a capo della comunità umane. Mica poco!