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17/03/2017
Nel corso di un recente workshop mi sono trovato coinvolto in un’interessante discussione sul tema se l’amore dovesse esser considerato una delle caratteristiche della Leadership. Proprio tale discussione mi dà spunto per quest’articolo.
Parlando di amore in questo contesto mi riferisco naturalmente al concetto noto nella filosofia classica con il termine greco antico di filia, generalmente usato per designare tanto l’amore familiare-parentale quanto il sentimento d’amicizia.
Perché ritengo la questione interessante? Innanzi tutto poiché per definizione la Leadership ha a che vedere con relazioni tra le persone che il leader, appunto, si suppone debba “guidare” da qualche parte. Pertanto, interessa come prima cosa sapere con che “spirito” lo fa, poiché ciò influenzerà i risultati.
Ancor di più la domanda è legittima se si considera una delle funzioni fondamentali della Leadership Sostenibile, quella di favorire la crescita delle persone che si “conducono” e l’espressione completa del loro potenziale umano.
Vediamo dapprima l’aspetto dello “spirito” con cui il Leader conduce la propria squadra; è evidente che le organizzazioni perseguono l’obiettivo della produttività, intesa come outcome dell’impiego di risorse che esse fanno nella direzione dell’obiettivo costituzionale per il quale esistono. Una definizione di questo tipo si applica sia a quelle “profit” sia a quelle “no-profit”, sia a quelle che producono beni sia a quelle che producono servizi, e così via.
Una formula semplice per la definizione della produttività è P = A x M, dove “A” sono le abilità specifiche e “M” sta per la Motivazione di chi esprime le abilità.
Pertanto, una persona dotata di notevole abilità ma poco motivata sarà limitata nella propria produttività dal secondo fattore della moltiplicazione. E così sarà viceversa, naturalmente, ma ciò è più comunemente accettato. L’obiettivo della massima produttività di un’organizzazione non può prescindere dalla motivazione dei suoi collaboratori, Inoltre, mentre le Abilità, cioè le competenze tecniche, possono essere sviluppate con ordinari percorsi di formazione, la Motivazione comporta fattori immateriali che non possono facilmente esser razionalizzati, imparati e applicati meccanicamente.
Essi hanno a che fare con l’aspetto emotivo dell’attività lavorativa, cioè in massima parte con il “clima” dell’organizzazione, con la chiarezza e il livello di condivisione della visione che i leader trasmettono, con la capacità di questi ultimi di coinvolgere ogni collaboratore nel raggiungimento degli obiettivi comuni.
Le conoscenze più recenti di neuroscienze e scienze comportamentali mostrano come l’assunto per il quale l’Uomo sarebbe guidato principalmente – se non esclusivamente – dall’egoistico interesse personale sia del tutto infondato e come vadano invece considerati tra i drivers del comportamento umano fattori quali il senso di equità, di cooperazione, l’altruismo, elementi che vanno a esprimersi in comportamenti non razionali, emotivamente influenzati – cd bounded rationality.
L’analisi della struttura stessa del cervello umano e delle sue funzionalità mostra come ragioni di equità e la manifestazione di gradi d’altruismo siano più naturali per l’essere umano che non egoismo e individualismo.
Siamo quindi naturalmente inclini alla cooperazione con i nostri simili, ma abbiamo anche sensori raffinatissimi che avvertono ogni violazione della nostra preferenza per l’equità e per il rispetto delle regole sociali: l’autenticità, nel Leader, è verificata migliaia di volte al giorno dai suoi collaboratori, sia che questi esprimano o meno il risultato delle proprie rilevazioni. Ciò che riscontrano, influenza enormemente la qualità della loro motivazione.
È l’amore per il proprio lavoro, la passione per il quotidiano sforzo di migliorare la vita della propria comunità – infine dell’umanità – e non solo la propria, a creare attorno al leader quel vortice d’energia che spinge le persone della squadra a dare il meglio di sé, anche nei momenti di difficoltà e rischio.
Un’interessante ricerca svolta negli USA nel 1997 da T. Terez rileva come la motivazione all’affezione a un posto di lavoro, certamente funzione della motivazione che vi si trova, sia costituita da una percezione di “senso” del proprio lavoro (meaningful work) definito da vari soggetti in modi diversi, ma i cui riferimenti più frequenti sono: un senso di scopo utile, di appartenenza, di unità, e l’orientamento alla costruzione di relazioni umane. Come trasferire questi elementi senza amore?
Solo un leader che provi vera passione per il proprio ruolo – e amore per le “proprie persone” – potrà essere l’autentico modello di ruolo ispiratore che, ad esempio, il Modello EFQM per l’Eccellenza indica come uno dei fattori fondamentali per una Leadership che produca le migliori performance.
Se non ci sarà amore, ma solo conoscenze “tecniche”, qualunque incoraggiamento del leader suonerà falso, come una campana crepata, e non avrà alcuna spinta propulsiva per la motivazione, e dunque la produttività, dei propri collaboratori.
Si è vicini al concetto della Servant Leadership, coniato da R.K. Greenleaf nel 1970; ma già nel 1925 M. K. Gandhi indicava ai leader del Congresso indiano un motto etico che ispirasse il loro mandato “He ever gives, never want service” (Egli sempre dà; non vuole mai essere servito).
Dunque, per chiudere il cerchio del ragionamento su questo primo aspetto dell’amore nella leadership legato alla produttività, l’esperienza e la scienza insieme dimostrano che il modo migliore per motivare la propria squadra a dare il meglio di sé sia amare il proprio lavoro e le persone delle quali si ha la responsabilità.
Si vedrà ora il secondo aspetto, quello del favorire la crescita, il miglioramento personale dei propri collaboratori. Come prima considerazione uno degli aspetti che costituiscono il discrimine tra una struttura violenta e una nonviolenta è quanto essa limiti – nel primo caso – o favorisca – nel secondo – l’espressione completa del potenziale umano. Favorire l’espressione del potenziale di un’altra persona è possibile solo quando si abbia verso quella persona un sentimento di apertura, di rispetto, un atteggiamento empatico: filia, appunto.
È tale attitudine amorevole, nel senso dell’amicizia e della fratellanza umana, che spinge alla curiosità di conoscere, e aiutare a disvelare, ciò che è magari ancora nascosto o in embrione in un collaboratore e favorire a ogni costo la sua espressione.
È la dimensione del dono, di cui Gandhi parlava ai leader del Congresso, ma anche quella che ispirava l’Olivetti del discorso agli operai di Pozzuoli “Per questo motivo un giorno questa fabbrica, se le premesse materiali e morali intorno ai fini del nostro lavoro saranno mantenute, farà parte di una nuova e autentica civiltà indirizzata a una più libera, felice e consapevole esplicazione della persona umana”.
I risultati straordinari che l’Olivetti ottenne negli anni di Adriano, la cui eredità ancora oggi è colma d’insegnamenti per gli aspiranti leader e gli imprenditori di tutto il mondo, sono la miglior dimostrazione che quando vi è amore per le persone con cui si collabora allora emergono le loro qualità migliori, e lì il potenziale diventa espressione concreta traducendosi in innovazione, genio, eccellenza.
Amore è, dunque, il desiderio di aiutare il proprio prossimo a liberarsi dalle catene che lo limitano affinché possa compiere un passo in più nella propria consapevolezza e farlo con la certezza che il suo miglioramento migliorerà anche la propria condizione.
È chiaro che qui il leader deve dimostrare doti etiche che trascendono perfino la morale, verso una fiducia nell’Uomo e nella sua infinita possibilità di bene. D’altra parte esser leader non è questione di diplomi di qualche blasonata Business School; si tratta proprio di amare le persone che s’intende guidare e farli smettere d’esser di-pendenti (coloro che, inferiori, pendono al di sotto, in attesa di un’elemosina per esistere) e divenire autonomi, compagni nella creazione di una realtà nuova e di valore condiviso, ove ognuno apporti il talento grande o piccolo che ha, interamente espresso.
I grandi leader sono quelli che creano altri leader, finché ogni membro dell’organizzazione è leader, prima di tutto di se stesso, nell’esprimere in ogni momento il proprio meglio, e poi nel gruppo di lavoro per portarvi il massimo contributo possibile.
Questo è fattibile solo quando si amano – si ricorda sempre nel senso di filia – i propri collaboratori, si desidera il loro bene, come per i propri familiari e si vede un obiettivo di bene comune.
Ancora Olivetti, nel discorso inaugurale a Pozzuoli, espone i valori d’una leadership del genere: “La nostra Società crede perciò nei valori spirituali, nei valori della scienza, crede nei valori dell’arte, crede nei valori della cultura, crede, infine, che gli ideali di giustizia non possano essere estraniati dalle contese tra capitale e lavoro ancora ineliminate. Crede soprattutto nell’Uomo, nella sua fiamma divina, nella sua possibilità di elevazione e riscatto”.
Queste ultime parole danno anche ragione della forza interiore necessaria ad andare oltre le simpatie e le antipatie, lavorando su di sé per liberare la possibilità di andare incontro a ognuno dei propri collaboratori senza barriere che caratterizza i grandi leader. Ognuno deve poter essere incontrato e aiutato nel processo di liberazione del potenziale.
Dalla sua gratitudine nascerà tra l’altro la lealtà all’organizzazione, e il contributo al benessere comune che potrà dare anche nel caso la lasci per perseguire diversi obiettivi professionali, come testimonia la ricerca di Finkelstein sui “Super Bosses”.
Insomma, pare di potersi concludere che il matrimonio tra amore e leadership può solo far bene a quest’ultima, e permetterle di sprigionare completamente tutto il proprio potenziale.
È interesse del leader assumere l’attitudine del dono che caratterizza filia per poter ricevere di più dai propri collaboratori nello sforzo di raggiungere gli obiettivi dell’organizzazione o del gruppo che guida.
In conclusione, dunque, ritengo di poter serenamente affermare che se il matrimonio tra amore e Leadership non è necessario, quantomeno è altamente consigliabile.
Per finire ti lascio qualche riferimento bibliografico e, se desideri approfondire come poter portare più amore nel tuo modo di essere Leader, scrivimi direttamente e troveremo il modo migliore per te.
Consigli bibliografici:
– Axelrod A., Gandhi CEO, New York, NY, Sterling, 2010.
– Finkelstein S., Managing yourself – Secrets of the Superbosses – Harvard Business Review, Jan – Feb. 2016.
– F. Fioretto (2015), Leadership Sostenibile. Il Metodo CASE©: trasformare i conflitti con la counicazione,Molfetta, la meridiana.
– F. Fioretto (2015), Etica del Business Sostenibile, II Ed. ebook, Molfetta, la meridiana.
– Olivetti A., Ai Lavoratori, Roma/Ivrea, Comunità Editrice, 2012
– Tideman S.G. et al., Sustainable Leadership: towards a workable definition, Journal of Corporate Citizenship, n. 49, March 2013.