Sostenibilità Integrata come Responsabilità Sociale nella ISO 26000
30/07/2019Tieni per te la Sostenibilità!
27/09/2019La Sostenibilità è ormai una parola sulla bocca di tutti. Più o meno come “Economia Circolare”. Ma quando si scende appena un filo alla domanda: “ma sostenibilità in che senso?” allora le cose si fanno complicate. Perché per la maggior parte delle persone la sostenibilità è una questione “ambientale”, oppure “fare del bene” contribuendo a qualche iniziativa solidaristica, o di società civile. Per carità, nulla di male in queste azioni. Ma il mondo ha bisogno di ben altro dalle imprese. E le imprese hanno ben altre opportunità da cogliere, nella pratica della Sostenibilità “propriamente intesa”, che non una lustrata all’immagine e alla reputazione per aver contribuito al risparmio energetico montando illuminazione a LED o sostenuto un’associazione benefica nella comunità.
L’approccio industriale alla Sostenibilità cambia radicalmente il modo di fare impresa, spostando il “focus” dei propri obiettivi dalla crescita (degli output, dei fatturati) alla generazione di Valore per tutti gli stakeholders, nella nostra dolce lingua “portatori di interesse”. In breve? In breve migliorare le prestazioni dell’impresa, anche la redditività per gli azionisti, s’intende, favorendo la tutela dell’ecosistema e lo sviluppo nella società in senso lato.
La Linea Guida ISO 26000:2010, intesa da molti in senso limitativo come legata essenzialmente a una “bontà sociale”, indica in realtà nella sua clausola 2.18 che la Responsabilità Sociale di un’organizzazione riguarda l’impatto delle sue decisioni e attività sulla società e sull’ambiente in modo che, attraverso comportamenti etici e trasparenti:
- Contribuiscano allo Sviluppo Sostenibile
- Considerino le aspettative dei portatori d’interesse
- Rispettino le leggi e le norme internazionali di comportamento
- Siano integrate in tutta l’organizzazione
Più avanti, nella 2.23, spiega che lo Sviluppo Sostenibile è, in linea con la definizione del Rapporto Bruntland, “soddisfare i bisogni delle generazioni presenti senza pregiudicare la capacità delle generazione future di soddisfare i propri”.
Infine, con una chiarezza adamantina, alla clausola 3.3.5 spiega senza possibilità di equivoco che, siccome lo Sviluppo Sostenibile riguarda gli obiettivi sociali, economici e ambientali comuni a tutte le persone, esso può essere utilizzato per riassumere le aspettative complessive della società da tenere in conto per un’organizzazione che voglia agire responsabilmente. Quindi l’obiettivo complessivo della Responsabilità Sociale di un’organizzazione dovrebbe essere di contribuire allo Sviluppo Sostenibile.
Altro che finanziare il torneo di calcetto, o avere a catalogo un paio di prodotti “green”! Ove fosse ancora presente qualche confusione, un passettino indietro alla 3.3.4 ci chiarisce che, per quanto la filantropia possa avere un effetto positivo sulla società, non dovrebbe essere utilizzata come sostituto all’integrazione della responsabilità sociale nell’organizzazione (e in tutti suoi processi, ovviamente).
Ecco che con pochi concetti, esposti chiaramente, i lineamenti di una Sostenibilità Integrata sono definiti. A questo punto, posto che lo Sviluppo Sostenibile, sintetizzato nei 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, è l’urgenza delle urgenze, l’impresa deve porsi il problema di conciliare in se stessa, nelle sue attività e processi, le componenti economiche, ambientali e sociali attese dai suoi stakeholders. E qui viene in gioco la Sostenibilità come strategia di gestione industriale eccellente.
Possiamo “pescare” ancora nel paniere delle norme ISO per avere qualche indicazione di “come fare”, perché questo “fare” è indispensabile per soggetti concreti e dalle esigenze pratiche e impellenti come sono le imprese. Qui è l’Annex SL, o High Level Structure per i sistemi di gestione, che viene in soccorso. Infatti, appoggiandosi a questo semplice schema guida, liberamente e gratuitamente disponibile, è possibile, magari con un po’ d’aiuto per sviluppare visione e obiettivi, avviarsi con passo sicuro sulla gestione dell’incertezza verso la minimizzazione delle minacce e la massimizzazione delle opportunità.
Eh si, perché alla fine la Sostenibilità è proprio per questo eccellenza d’impresa: aiuta a prendere in considerazione i rischi (positivi e negativi, cioè opportunità e minacce) che il contesto globale e quello interno pongono all’impresa nelle tre dimensioni e aiutare a trarne il meglio.
Il tutto applicato in ogni processo, a ogni livello, con un forte impegno della leadership aziendale e il pieno coinvolgimento dei collaboratori e delle funzioni dell’impresa. Le aziende che l’hanno fatto e lo fanno hanno visto migliorare i propri conti, per dirla un po’ “grezza”, costantemente e così le loro quotazioni, migliorando la marginalità e la reputazione, aprendosi nuovi mercati e scampando minacce che a volte hanno affondato i loro competitors.
Solo diffondendo questo tipo di approccio nel sistema industriale e nelle discussioni di politica economica, superando definitivamente il paradigma “pubblicitario e di marketing” della CSR, sarà possibile sperare di conseguire gli obiettivi ambiziosi previsti dall’Agenda 2030 e rendere il nostro sistema resiliente ai tempi duri che ci aspettano, alle sfide climatiche e sociali che premono alle nostre porte, ancora largamente prese sottogamba da politici e imprenditori “mainstream”.
E dunque, mi si dirà: cosa c’entrano i professionisti HSE? Beh, poche figure dentro l’azienda hanno la visione ampia e profonda dei processi come i responsabili della sicurezza e dell’ambiente. Per loro è normale avere una visione “esplosa” dei processi, perché devono valutare le minacce e prevenirle. Così sono i meglio attrezzati a impostare il bilancio degli input e output dei processi che serve all’individuazione delle opportunità di migliorarne il saldo materiale, energetico e ambientale. Sanno dove si trovano le necessità di innovazione per prevenire minacce serie dovute a sostanze presenti nei processi o nei prodotti. Sono abituati a ragionare in termini di sistemi di gestione e a integrarli ad ampio spettro su tutte le aree di attività, perché la sicurezza delle persone e dell’ambiente va trattata a livello globale, non si limita a una funzione.
Per quello che ho visto conoscendo i responsabili HSE di alcune delle maggiori aziende italiane, ho visto un livello di competenza che potrebbe essere agevolmente trasferito a top management, addirittura a volte a livello executive. Questo bagaglio di visione e di esperienza, integrato nelle decisioni strategiche, può avviare l’impresa sulla strada giusta per esplorare nuovi modelli di business, innovazione di prodotto e di processo, nuove aree di mercato e in genere le opportunità che la Sostenibilità strategica e integrata presenta in continuazione quando è gestita in modo eccellente.
Contemporaneamente migliorando gli approcci di trattamento dell’incertezza dal lato “minaccia” fino a neutralizzarle per quanto possibile, rimuovendone o trasferendone il rischio ove possa essere trattato con più efficienza.
Insomma, quando la Sostenibilità si fa seria, chi siede nella poltrona del responsabile di sicurezza e ambiente può cominciare a far sentire un sostegno determinante che, con un’azione culturale e formativa adeguata, potrebbe portare a un nuovo disegno di questa figura professionale e dei suoi ambiti di competenza e potere in azienda.