
Se non ti pensi nell’Ecosistema, non puoi condurre un business di successo
17/07/2017
Per la piena Sostenibilità siamo (ancora) bambini.
05/10/2017È la prima volta che mi ritrovo un articolo censurato da una rivista con la quale pubblico regolarmente perché “troppo forte“. Per me è la conferma che quanto scritto è perfettamente centrato su un nervo scoperto del mondo del business, dunque ecco qua! Grazie al web…
Come professionisti con la passione per la sostenibilità, quella vera però, non quella fatta di reports patinati senza contenuti industriali, si trova spesso un grosso ostacolo da superare nel fare i passi iniziali con le imprese: dimostrare il business case. D’accordo, parliamo con imprese profit, dunque è una domanda legittima e cui siamo naturalmente pronti a rispondere. Ma è curioso è come vi sia un accanimento quasi sfidante nei confronti del tema “Sostenibilità”, come a voler contro-dimostrare che non sarà mai un concetto economicamente valido o pagante. Perché quest’ostilità? La risposta che abbiamo trovato è perché si parla troppo a vanvera di Sostenibilità, e perché vi è stata negli anni una confusa transizione dal concetto di Filantropia, a quello di CSR/RSI (Responsabilità Sociale d’Impresa) a quello di Sostenibilità, come fossero la stessa cosa. Non è così, e qui sta il grosso equivoco.
La Sostenibilità è definita come la “Capacità di un’organizzazione di gestire in modo trasparente la sua responsabilità per la tutela dell’Ambiente, il benessere Sociale e la Prosperità Economica nel lungo periodo rimanendone responsabile di fronte ai propri Stakeholders”.
Per definizione, dunque, un’impresa la quale possa definirsi “sostenibile” svolge la sua attività in modo che generi prosperità economica, cioè ricchezza e mezzi per finanziare la continuazione della propria attività, in modo responsabile per non danneggiare l’ambiente, o addirittura per ripristinarlo in certi casi, e facendo la propria parte – ovviamente solo la sua – per contribuire al benessere sociale.
I fantasisti della penna dovranno scusare, ma la “Ecosostenibilità” non esiste. Così come non esistono la “Sociosostenibilità”, la “Economicosostenibilità” o sgabelli che stanno in piedi con una sola gamba.
Con questa definizione, usata dai miei docenti ad Harvard Bob Pojasek e Suzanne Farver ma certo non nuova, si chiarisce anche la differenza abissale tra Filantropia e Sostenibilità. La Filantropia riguarda cosa si fa con la ricchezza disponibile, che sia a un privato o un’impresa; la Sostenibilità riguarda il modo in cui un’impresa gestisce l’insieme della propria attività. Diremo di più: la Sostenibilità è alla fin fine eccellente pratica d’impresa. Non a caso tra i fondamenti dei sistemi di gestione della Sostenibilità vi sono i cosiddetti Performance Frameworks, come il Baldrige negli USA o l’EFQM in Europa (ma ve ne sono di ottimi in altre parti del mondo). In particolare usiamo i cosiddetti Leading Indicators, cioè degli indicatori qualitativi che permettono di comprendere qual è la capacità di un’impresa di mobilitare al meglio il proprio potenziale interno per costruire il successo nel futuro. In ESI (Embedded Sustainability Initiative), per esempio, noi usiamo indicatori raggruppati in 5 aree, Leadership, Policy e Strategie, Persone e Conoscenza, Partnership e Risorse, Processi, che sono fortemente ispirate a questo tipo di approccio. I Leading Indicators sono il contraltare luminoso del lato oscuro del reporting, cioè l’attività prevalente tra le imprese che dichiarano la propria “Sostenibilità”.
Vi sono due aspetti limitanti nel focus sul reporting, rispetto alla Sostenibilità. Il primo è che, come ci ha confermato di recente la responsabile di quest’area per un importante ente internazionale di certificazione, moltissime imprese pensano che l’essenza della Sostenibilità sia di cercare di comunicare ai propri clienti quanto sono “bravi”. Nelle parole della manager, la maggior parte dei clienti che si avvalgono dei loro servizi per i report di alla domanda “quali sono i vostri obiettivi di Sostenibilità” non hanno una risposta, mentre desiderano avere ogni anno un bel documento nel quale molto spesso l’enfasi è su iniziative filantropiche oppure su generici elementi “ambientali”, al massimo l’indicazione di risparmi energetici dovuti a quelli che in gergo chiamiamo i “low-hanging-fruits” della Sostenibilità, cioè quelli derivanti da azioni banali come il cambio delle lampadine con i led, la sostituzione nel tempo di attrezzature obsolete, la conversione progressiva della flotta veicolare aziendale a metano e così via. Tutte belle cose, ma che con una strategia industriale di duraturo successo hanno poco a che vedere.
Il secondo problema è che i reporting sono in gran parte, compreso quello basato sulle linee guida del GRI (Global Reporting Initiative), basati su quelli che chiamiamo Lagging Indicators, cioè indicatori di “passato” che al massimo dicono cosa è già accaduto, molto difficilmente perché è accaduto e nulla di cosa sta preparandosi ad accadere. Possono, al massimo, dare un’idea di cosa potrebbe accadere non cambiando assolutamente nulla rispetto a quel che si è fatto nel periodo misurato. Interessanti, ma non molto strategici come dati.
La Sostenibilità totale è un punto di arrivo, e il percorso che porta a raggiungere auspicabilmente l’impatto ambientale zero, con la miglior performance economica e sociale implica l’impegno dell’intelligenza dell’organizzazione nel ripensare drasticamente la propria attività in base a obiettivi ben definiti, chiari e misurati regolarmente. Ormai nel mondo vi sono diversi “casi di scuola” della Sostenibilità vera, dai quali si comprende di cosa stiamo parlando. Il mio preferito è Interface, leader mondiale della moquette modulare, il cui purtroppo ora defunto leader Ray Anderson ebbe un’epifania nel 1994 che lo portò a divenire l’esempio per centinaia di imprenditori e leader nel mondo. La sua azienda ha prodotto risultati straordinari, pur operando in un settore intensamente legato al petrolio e alla chimica industriale, ponendosi l’obiettivo al 2020 di non utilizzare più una sola goccia di nuovo petrolio. Al 2016 Interface riporta un utilizzo di energia rinnovabile tra il 96 per cento negli USA e il 100 per cento in Europa, un 55 per cento di materia prima riciclata o bio-based e una riduzione del 60 per cento nel suo impatto ambientale in termini di CO2. Nel frattempo i loro utili sono raddoppiati, il fatturato è cresciuto del 67 per cento e sono passati in mezzo a un paio di crisi globali meglio degli altri competitor. Come? Con obiettivi industriali e di mercato chiari, un’adesione stretta ai loro principi che ha impegnato i cervelli dell’azienda, e centri di ricerca in diversi Paesi, studiando i processi della Natura per comprendere come risolvere problemi senza causare danni collaterali, migliorando al contempo la performance aziendale complessiva. Un esempio per tutti: per eliminare i collanti nella posa della moquette Interface ha studiato il modo in cui i gechi si attaccano alle superfici e hanno scoperto che lo fanno per mezzo di nano peli che aderiscono alle molecole d’acqua presenti su ogni superficie. Risultato? TacTiles®: fine della colla nella posa di pavimenti, velocizzazione e minor abilità tecniche necessarie alla posa, risparmio economico – perciò maggior profitto, maggior salute per i clienti, minor spesa sanitaria per la collettività. Win-win-win.
Per chiudere il caso Interface, val la pena ricordare che tutti gli investimenti per la ricerca, innovazione, nuovi modelli di business, formazione ecc. legati agli obiettivi di Sostenibilità sono stati ampiamente pagati dagli utili derivanti dai risparmi conseguiti e dalla nascita di nuovi prodotti e servizi. Va ricordato, perché un altro errore che deriva dall’equivoco iniziale sulla Sostenibilità abbinata alla Filantropia, a quella cosa nebulosa che è diventata la CSR, o l’idea di una “Ecosostenibilità” è la convinzione che per avviare un’impresa su questo percorso richieda risorse “in eccesso”, poiché si tratta di “essere buoni”, ma non presenta nessun vantaggio economico. Ho avuto occasione di scrivere in altra sede sulla Filantropia Corporate (Vedi link in bibliografia), per cui non rischio di essere accusato d’incoraggiare la Filantropia inefficiente e sprecona. Anzi. Però, per assurdo, affermo che la Filantropia può anche permettersi il lusso di essere inefficiente. Sarebbe un peccato, sprecare risorse invece di usarle al meglio. Ma si può. Le risorse per la Filantropia sono destinate a essere solo “uscite”, con l’obiettivo di creare un impatto sociale benefico. Non ci si aspetta un ROI. La Sostenibilità è un modo di gestire l’impresa per obiettivi ben definiti secondo i suoi tre Pilastri: tutela dell’ambiente, prosperità economica, benessere sociale. Non si può gestire un’impresa se gli investimenti non producono un ROI. Ciò detto abbiamo prova che fare impresa in modo etico e praticando una Sostenibilità Integrata rende, e tanto. A queso punto, per non lasciare il lettore con l’impressione di avergli detto di fare qualcosa di straordinario senza dirgli “come”, ecco una breve lista di passi da fare per evitare la trappola della “Ecosostenibilità” e avviarsi sul percorso che un giorno, auspicabilmente, porterà alla piena Sostenibilità. Ma non preoccuparti: è un percorso progressivo, nel quale ogni miglioramento è un passo avanti e l’unico obbligo morale è fare del proprio meglio, essendo autentici e utilizzando i propri limiti e debolezze come punti di partenza per l’innovazione più dirompente.
- Dimenticati il “Report di Sostenibilità”
- Mappa i tuoi Stakeholder per grado di reciproca influenza
- Valuta il tuo impatto su tutti gli Stakeholder, quello positivo e quello negativo
- Stabilisci obiettivi chiari, con onestà e buonsenso nel fissarne i tempi
- Integra obiettivi di business e obiettivi di Sostenibilità
- Coinvolgi tutti i tuoi collaboratori nella missione della Sostenibilità
- Coinvolgi gli Stakeholder principali nella ricerca di soluzioni sostenibili alle tue sfide
- Rendi parte integrante di ogni processo la gestione della Sostenibilità
- Ricorda che la Natura è al 100 per cento sostenibile: copia dai suoi processi
- Ricorda che la Sostenibilità Integrata è la soluzione per il miglior Risk Management
Ora possiamo anche aggiungere un punto extra, il tanto atteso punto 11: finalmente puoi pensare al Report di Sostenibilità. Lo userai come strumento per:
- tenere aggiornati i tuoi Stakeholder sul punto del percorso a cui ti trovi
- condividere cosa hai risolto e cosa rimane da risolvere, i tuoi successi e le tue frustrazioni
- fare della trasparenza e dell’onestà della tua ricerca il vero valore aggiunto che accresce la reputazione della tua impresa
- sostenere il morale dei tuoi collaboratori nei momenti difficili, quando sembrerà di non fare passi avanti, perché si ricordino quante cose straordinarie hanno già realizzato
- motivare altre imprese a incamminarsi sul percorso della Sostenibilità
In conclusione, conto che i numeri e le considerazioni di cui sopra abbiano aperto gli occhi sul solido business case per la Sostenibilità Integrata – in bibliografia ottime fonti per altre case-history – e chiuso il court case contro l’inesistente Ecosostenibilità, al punto che tu non ci debba più sprecare tempo ed energia. Buon cammino verso la Sostenibilità Integrata.
Bibliografia:
- F. Fioretto: “Leadership Sostenibile”, la meridiana, 2015
- Chris Laszlo, Nadia Zhexembayeva, “Embedded Sustainability”, Stanford Business Books, 2011
- Intervista a Federico Fioretto su Filantropia Corporate: http://www.fondazionelangitalia.it/2017/03/27/adottare-un-approccio-strategico-per-rafforzare-il-core-business-e-affermare-la-propria-corporate-citizenship/
- Interface Annual Report 2016: http://www.interfaceglobal.com/Investor-Relations/Annual-Reports.aspx
- TacTiles® video https://www.interface.com/US/en-US/about/modular-carpet-tile/TacTiles-Glue-Free-Installation